Tre libri da consigliare

di Stefano Spagnolo

Mi piace segnalare tre libri usciti nell’ultimo anno che in qualche modo, ciascuno nel proprio, utilizzano forme narrative spurie o – come nel caso del primo che propongo – programmaticamente antiromanzesche.

Flashover, di Giorgio Falco (con un apparato fotografico di Sabrina Ragucci), prende l’abbrivio dagli accadimenti dell’incendio della Fenice, di cui è recentemente ricorso il venticinquesimo anniversario, senza concedersi al romanzesco, al saggistico o al memorialistico. Potremmo anzi dire che uno degli scopi se non lo scopo di questo libro è quello di mettere metaletterariamente in crisi l’idea stessa di romanzabilità.
Come Falco scrive in una parentesi metateorica inserita nel testo, il proponimento è quello di attenersi ai fatti: «I fatti, allora, entrare nei fatti, usare l’archivio per edificare una scrupolosa congettura, una concatenazione di ipotesi, supposizioni basate sempre sui fatti: come ogni buona fotografia insegna, l’unico modo per raccontare questa storia incendiaria, direbbe Lewis Baltz, è usare fatti reali, grazie ai quali è possibile costruire, pezzo dopo pezzo, realtà artificiali, che svelino verità, o meglio ancora, diresti, pezzetti di verità». E se il testo è composto quasi informandolo sull’insegnamento della fotografia, le serie di fotografie di Sabrina Ragucci (Alfabeto della distruzione ne è il titolo) costituisce una sorta di antinarrazione alternativa nella quale la messinscena di un personaggio mascherato fa da contrappunto allegorico a quello dell’incendiario. In questo senso Flashover è un’istantanea dilatata su quest’epoca di permanente principio di incendio generalizzato.

La mischia è l’esordio di Valentina Maini. Un romanzo di cinquecento pagine ambientato fra Bilbao e Parigi, con protagonisti due gemelli – Gorane e Jokin – figli di terroristi dell’ETA. Dalla complessa architettura, ricco di colpi di scena e ribaltamenti, segue le vicissitudini prima della fuga di Jokin da Bilbao verso Parigi e il viaggio poi della sorella sulle tracce del fratello. Pur non essendo un romanzo storico, lo sfondo etico-politico del terrorismo basco – generato quale reazione all’oppressione franchista e la sua successiva involuzione violenta e autoreferenziale – è l’ancipite vicenda su cui si muovono i protagonisti. Peculiarità del romanzo è una multistratificata complessione e una varietà di registri utilizzati. Dal flusso di coscienza alterata al dialogo cinematografico, anche materiali apparentemente oggettivi come i verbali di polizia contribuiscono a mantenere tesa quell’ambiguità interpretativa che costituisce il vero nucleo del libro. Virtuosa è una lingua modulata sulle voci di personaggi impastati e indistinti, perciò mescolata, mischiata, una lingua ipnotica tra Lispector e Bolaño.

Quando abbiamo smesso di capire il mondo di Benjamín Labatut è un altro di quei libri ibridi che rendono meno prevedibile l’offerta che ingombra gli scaffali delle librerie. «Un’opera di finzione basata su fatti reali», così lo descrive lo stesso autore. Diviso in quattro parti, mette in scena le vite e le scoperte di Einstein, Schwarzschild, Schrödinger, Shinichi Mochizuki e molti altri uomini di scienza. Nella storia che apre il libro, ricca di un’abbondante aneddotica, viene rievocata la scoperta del blu di Prussia, e quella successiva e concatenata del cianuro. Il bello e il letale sono indissolubilmente legati fra loro. Il campo è quello, accidentato e avventuroso, delle scoperte scientifiche. Con una piana e piena affabulazione l’autore ci conduce attraverso un percorso nel quale caso, determinazione, alterigia e stupidità giocano le loro determinanti parti nelle vite geniali degli scienziati osservati – uso questo aggettivo non a caso; è l’osservazione scientifica, mi sembra, ad essere messa in abisso, per così dire, in quest’argutissimo libro.

Giorgio Falco (con Sabrina Ragucci), Flashover – incendio a Venezia, Einaudi, 2020
Valentina Maini, La mischia, Bollati Boringhieri, 2020
Benjamín Labatut, Quando abbiamo smesso di capire il mondo, Adelphi, 2021